Il suono personale del colore
INAUGURAZIONE SABATO 21 SETTEMBRE ALLE ORE 18
Presentazione di Gabriella Dipietro
Ogni cielo ha la sua luce
Nella storia dell’arte vi sono molti casi di “famiglie” di artisti, e non c’è certo da meravigliarsi se in un luogo in cui l’arte si respira quotidianamente germoglino spontaneamente talenti pronti ad impugnare pennelli e tavolozza.
È quello che è accaduto nella famiglia Florjančič, dove padre e figlio realizzano opere d’arte assumendo ciascuno una propria connotazione artistica mediante l’utilizzo di tecniche differenti, sempre però con il medesimo impegno, arte e genialità.
Il capostipite di questa famiglia è l’artista Pavel Florjančič, riconosciuto Maestro d’Arte in grado di cogliere la raffinata combinazione dei rapporti
della luce con le zone d’ombra in una pittura satura di profondità poetica,
e suo figlio Jure, dotato di fantasia visionaria e di perfezione tecnica.
Pavel Florjančič è nato a Ṧkofjia Loka (Slovenia) dove vive. Si è laureato
in Arte, pittura ed educazione artistica presso l’Accademia di Lubiana.
Nel 1978, grazie ad una borsa di studio, ha approfondito gli studi artistici
a Parigi e proprio in quel periodo è riuscito a visitare importanti mostre d’arte
e note gallerie di tutta l’Europa.
L’artista ha dimostrato da sempre la sua abilità nel trattare i colori e la pittura. Nella tecnica di Florjančič la fotografia è un punto di partenza, un punto dal quale parte la posizione spaziale del soggetto rappresentato, che si priva del suo essere materia per essere vissuto solo attraverso la luce. Non più mera rappresentazione, ma un soggetto fatto di colore, luce e ombre.
Nella scelta dei temi, che nelle sue opere raccontano di fiori, di frutta e di mirabili nature morte, riproduce l’intrinseca bellezza e plasticità delle forme, la reattività delle superfici ai riflessi della luce, che portano all’essenza stessa delle cose, in grado di cogliere aspetti quasi invisibili spesso sfuggenti del reale.
Ma all’arte non va chiesto come è fatta, va chiesto cosa sta tentando di dirci:
se di un quadro o una persona traspare solo la bellezza, quasi sicuramente
non sarà interessante e ci annoierà. Pavel Florjančič crea una storia,
la traduce sulla tela con una tecnica senza imperfezioni, e spinge lo spettatore a guardare oltre ciò che vede.
Al suo attivo mostre personali in stimate gallerie d’arte in Italia e all’estero, tra queste alla Galleria Artefact, all’Architectural Digest Home Design Show e all’Art Expo a New York, all’Art Monaco a Montecarlo, al Contemporary Art Show,
Art Basel, a Miami, alla Gallery Steiner a Vienna, al Bilder Prat di Linz, alla Galerie
in der Prannerstrasse a Monaco e proprio qui a Trieste, nel 2005, alla Galleria Rettori Tribbio.
L’arte non ha una sola direzione né un punto di arrivo, e Jure Florjančič si
ritrova ad essere arso dalla stessa magia del padre. Anche lui ha studiato arte a
Lubiana, anche se ha preferito da sempre la pratica alla teoria. Dal 2011 lavora in ambito teatrale, dove cura luci e suoni, intervenendo lui stesso, in qualità di scenografo, direttamente con i colori sugli scenari. Un personaggio eclettico,
un designer, uno sperimentatore dei confini dell’anima, alla ricerca di cosa ci sia dentro di lui… dentro di noi. Rispetto al padre sembra di attraversare un’altra realtà. Da qui nasce lo stupore per una pittura che ci costringe a un corto circuito per ridare senso a ciò che nella realtà non esiste.
Grazie anche alle potenzialità di programmi informatici di grafica, che usa con intelligenza e animo scientifico, utilizza forme astratte, studia movimenti adatti alle sagome, luci e colori. Ma non solo, ispirandosi alla fotografia, inserisce nelle sue opere particolari assenti nell’immagine di origine, che poi riporta su carta o su una base di alluminio, con la tecnica dell’acquerello e servendosi di inchiostri. Il risultato è una tecnica artistica sorprendente, che riesce a superare i limiti della fotografia, della pittura e dell’informatica, sconfinando in esiti da illusionista. Immagini vive, pulsanti, che sembrano uscire dal supporto. Immagini modernissime, che richiamano effetti da realtà virtuale della trilogia cinematografica di Matrix. Allusioni simboliche, perché Jure Florjančič vede
lo splendore effimero delle cose e lo propone come attimo di una realtà sospesa, prossima a essere divorata dal silenzio.
Dopo diverse esperienze espositive in mostre collettive, di cui tre alla Galleria
Rettori Tribbio di Trieste, ha esordito nella sua prima mostra personale a Kranj,
centro culturale e artistico della Slovenia.
Gabriella Dipietro