Oreste Dequel / 22 ottobre – 4 novembre



Sculture e tecniche miste
INAUGURAZIONE SABATO 22 OTTOBRE ALLE ORE 18

Oreste Dequel nacque a Capodistria nel 1923 (quando la città era ancora italiana). Dequel si trasferì a Trieste nel 1945 e quindi passò definitivamente a Roma nel 1960. La sua casa a Trastevere fu però “la casa dell’eterno ritorno”, perché l’artista per tutta la vita viaggiò e lavorò in tutti i continenti. Uomo colto e curioso del mondo, passava le estati a Vence en Provence, lavorando a turno in vari paesi, specie negli Stati Uniti. Qui insegnò al Contemporary Art Workshop di Chicago (1969) e dal 1973 tenne la cattedra di Belle Arti all’ Università di Iowa City. Le sue mostre sono state per gran parte all’estero: da New York a Londra, da Sidney a Zurigo. Per due anni (1979-1980) tenne anche la cattedra all’Accademia Internazionale di Salisburgo.
Primitiva e raffinata nello stesso tempo, solida nella volumetria e delicata nelle sfumature, la scultura di Dequel rappresenta un momento categoriale di conciliazione nell’arte di questo dopoguerra.Soprattutto nella pietra scabra, nel marmo, nel bronzo, ma anche nel disegno, l’artista ha espresso una forza severa e insieme dolce, che ha avuto come centro la figura umana ma anche quella di animali come il gatto; e talora si è concentrata nella pura astrazione della forma.
Dalle suggestioni romaniche e gotiche alla strutturazione post-cubista, dall’eco neo-rinascimentale al primitivismo post-bellico, Dequel ha saputo destreggiarsi con maestria. L’essenzialità plastica, persino rude, si accoppia ad un sentimento solenne e pur prezioso della materia.Dopo la sua prematura morte a Roma, nel 1985, la moglie Lia continua a promuoverne l’arte.
Paolo Rizzi, Venezia
Catalogo in galleria.
www.orestedequel.com

Oreste Dequel / 24 aprile – 8 maggio 2009



INAUGURAZIONE SABATO 24 APRILE ALLE ORE 18

Ha tracciato il suo cammino al di fuori di tutte le tendenze, al di fuori di tutto il realismo, di tutta l’astrazione e di tutta la letteratura! Ha interiorizzato le sue forme, mantenendo intatto dentro di sé il “fiuto” stupendo della natura selvaggia, primitiva, da dove attingere certe leggi fondamentali della struttura dell’universo. Nella sua arte, fu e rimase uno dei migliori conoscitori della pietra che io conosca in Europa. … Era tutto Oreste Dequel che s’impegnava nelle sue sculture senza alcun compromesso; questo fa sì che le sue opere siano abitate da una presenza quasi selvaggia e da una limpida semplicità. Andrè Verdet, Saint Paul de Vence (Francia)

Ho sempre ammirato la spontaneità di Oreste Dequel, il suo porsi davanti alla pietra con sentimento religioso e poetico. Non ho mai conosciuto artista che aderisse così umanamente e direttamente con la sua opera: vorrei dire che c’è un’unità di linguaggio tra Dequel-uomo e le sue sculture. Egli non violenta la materia, non l’asserve, non la costringe ad ubbidire, la segue, l’accarezza, l’ama perchè essa stessa a lui pare vita, prima ancora che egli riesca a trasformarla in figura. Gabriele de Rosa, Roma

Così mi sono impregnato di questa luce, ma anche delle forme terrestri, animali o umane, immanenti nel suo lavoro scolpito o disegnato. L’unità è rimarchevole, caratteristica della meditazione che precede la pratica, responsabile del dominio di tutta l’esecuzione artistica seria. Esiste in lui questo amore artigianale dell’opera ben fatta, bene realizzata, finita fino alla minuzia, fino a che l’ampiezza del gesto, del tratto o della massa non confonda brutalità e forza, ma si addolcisca di sensibilità, di dettagli, di parti leggere per formare un insieme con il linguaggio della potenza ed ugualmente di fascino. Michel Gaudet, Cagnes-sur-mer (Francia)

Tralasciando ciò che potrei dire dell’arte dell’amico Oreste, già ampiamente descritta nelle varie monografie, mi piace ricordare quanto avvenne durante una breve puntata sul Carso, in auto, con noi c’era lo scultore sloveno Joze Pohlen. Fu per me l’occasione di osservare i loro caratteri. Era pomeriggio di una afosa giornata estiva del 1971.
I due colleghi iniziarono a parlare della frequentazione all’Accademia di Belle Arti di Lubiana. Oreste vi era entrato nell’immediato dopoguerra, vincendo una borsa di studio riservata agli ex combattenti. In quell’ambiente fu subito notato il suo talento. Ma la cupa atmosfera d’allora si adattava male allo spirito di un giovane idealista come lui. Così, dopo un po’ di realismo socialista, rifiutò l’arte imposta e controllata dal regime, pensando bene di lasciare tutto e ritornare a Trieste.
A questo punto Pohlen un po’ offeso, con la solita enfasi, difese la sua arte, si vantò degli apprezzamenti che la critica gli riservava in Iugoslavia, elencò le mostre nazionali ed internazionali a cui partecipava, i molti premi ricevuti, i monumenti pubblici realizzati ed altro ancora. Fu qui che Oreste, dopo aver ascoltato quel monologo, con una punta di ironia, fece osservare che l’arte “sottomessa”, a qualunque latitudine essa operi, è premiata più facilmente, in particolar modo dai regimi. Da parte sua rammentava di aver lasciato anche la statica Trieste, che gli stava stretta, per stabilirsi a Roma, città internazionale. Qui a prezzo di sacrifici, fece la sua strada, si fece conoscere per la sua arte priva di condizionamenti. Alfine anche per lui vennero i riconoscimenti, le mostre, i monumenti pubblici, l’insegnamento all’estero, la redditizia attività in America, in Francia e le importanti amicizie che gli aprirono altri orizzonti. Stavo proprio assistendo ad una disputa, non su banalità ma basata su significativi contenuti. La discussione si fermò lì, con qualche disappunto ma senza rancore, sotto un ombroso pergolato, sorseggiando un fresco vino di cantina.
Ritornammo a Trieste, in auto regnava il silenzio: i due artisti si erano assopiti.
La moglie Lia, che continua a tenere vivo il nome di Oreste, desidera che questa mostra sia un omaggio a suo marito ma, anche, ai tanti suoi estimatori. Eligio Dercar, Trieste

BIOGRAFIA Oreste Dequel nacque a Capodistria nel 1923 (quando la città era ancora italiana). Dequel si trasferì a Trieste nel 1945 e quindi passò definitivamente a Roma nel 1960. La sua casa a Trastevere fu però “la casa dell’eterno ritorno”, perché l’artista per tutta la vita viaggiò e lavorò in tutti i continenti. Uomo colto e curioso del mondo, passava le estati a Vence en Provence, lavorando a turno in vari paesi, specie negli Stati Uniti. Qui insegnò al Contemporary Art Workshop di Chicago (1969) e dal 1973 tenne la cattedra di Belle Arti all’ Università di Iowa City. Le sue mostre sono state per gran parte all’estero: da New York a Londra, da Sidney a Zurigo. Per due anni (1979-1980) tenne anche la cattedra all’Accademia Internazionale di Salisburgo.
Primitiva e raffinata nello stesso tempo, solida nella volumetria e delicata nelle sfumature, la scultura di Dequel rappresenta un momento categoriale di conciliazione nell’arte di questo dopoguerra.Soprattutto nella pietra scabra, nel marmo, nel bronzo, ma anche nel disegno, l’artista ha espresso una forza severa e insieme dolce, che ha avuto come centro la figura umana ma anche quella di animali come il gatto; e talora si è concentrata nella pura astrazione della forma.
Dalle suggestioni romaniche e gotiche alla strutturazione post-cubista, dall’eco neo-rinascimentale al primitivismo post-bellico, Dequel ha saputo destreggiarsi con maestria. L’essenzialità plastica, persino rude, si accoppia ad un sentimento solenne e pur prezioso della materia.Dopo la sua prematura morte a Roma, nel 1985, la moglie Lia continua a promuoverne l’arte. Paolo Rizzi, Venezia