Carolina Franza / 8-21 luglio

Gesù Cristo

Gesù Cristo


Apertura sabato 8 luglio 2023 alle ore 18.00, con un’introduzione critica di Gabriella Dipietro

ARCOBALENI DI GLORIA

Questa mostra nasce dall’incanto dell’arcobaleno. L’idea di arcobaleno viene per gli antichi che così l’hanno chiamato, più che dai suoi colori, come noi lo intendiamo, dalla parola arco, e così era visto, come un grande arco, a suo tempo un’arma, proteso tra cielo e terra, e pertanto l’immagine di copertina dell’invito porta proprio l’arco vivente che riunisce cielo e terra, oriente e occidente, con il suo amore.
La gloria di cui parlo è dunque quella degli arcobaleni con cui si manifesta la gloria divina, o di cui appare circonfuso Dio stesso quando si manifesta, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento.
Parlando dei colori, i colori primari in pittura sono tre, giallo, rosso e blu, infatti, riuniti, danno il colore bianco, se messi su un dischetto e fatti vorticare, altrimenti il grigio, essendo colori materiali. Ed in tal senso molte icone presenti sono oro, rosse e blu; e dei crocifissi, tra cui quello di San Damiano, dipinto da un artista serbo operante in Umbria, presenta ai bordi questi tre colori, con il giallo reso dalla foglia d’oro, e promanante dalla luce del nimbo di Cristo, a significare Lui come sole invitto, infatti è un Cristo trionfante, la cui luce, come arcobaleno, si propaga rinnovando e creando un nuovo mondo, quello dei risorti, teso come un arco tra cielo e terra.

Crocifissione

Crocifissione

Notre Dame de Rocamadour

Notre Dame de Rocamadour

In tal senso in alcune icone compare l’arcobaleno, in altre, predominano i tre colori primari, in altri, una cromia ben definita. Gli antichi pittori di icone ben conoscevano la realtà celeste archetipica, quella dei colori del Creatore, colori che vivevano nella loro interiorità, colori divini che dipingevano questa loro interiorità, che si lasciavano dipingere. Conoscendoli, con i colori corrispondenti del nostro mondo sublunare ci additavano la via ai primi. E così è ora. Solo il Cristo, splendente più del sole, è il centro della vita divina, e tutti gli altri colori gli fanno corona. Sono colori luce, infatti anche il verde si trova nell’arcobaleno, i colori delle icone sono i colori dell’arcobaleno, celesti.
L’augurio è che per noi questo arcobaleno di gloria, che ha già scoccato la sua freccia, possa far breccia nel nostro cuore.
Certamente l’ha fatto nel cuore di Santa Giovanna D’Arco e compagni, raffigurata come un grande arco, tra cielo e terra, vera amazzone del Graal per le gesta eroiche e la visione. La vediamo poi immersa nell’oro puro al momento della consacrazione del suo re, più che il re terreno, dell’unico Re Celeste, la cui cerca è aperta a ciascuno di noi, e sempre attuale.
Carolina Franza

S. Jeanne D'Arc

S. Jeanne D’Arc

S. Giovanna d'Arco e l'Arcangelo Michele

S. Giovanna d’Arco e l’Arcangelo Michele

“Sono andato maturando l’ipotesi che la pittrice triestina Caro­lina Franza abbia concepito la sua visione artistica, durante un non breve soggiorno giovanile a Firenze. Nei musei e galle­rie del capoluogo toscano avrà avuto modo di scoprire e inna­morarsi delle pitture su tavola pre-giottesca, dei suoi fondi d’oro, convincendosi come questo fosse stato un periodo defi­nitivamente concluso, con la grande pittura del Quattro e Cinquecento. Le capitò di imbattersi nel magistero di Tom­maso Palamidessi, che stava insegnando ai fiorentini negli anni Ottanta i segreti della pittura di icone, guardando al grandissimo russo Andrej Rublev (1380-1430) e alla tutt’ora operosa officina artistica dei monaci greci del Monte Athos. Da questo momento Carolina Franza cominciò a dipingere le sue icone, su tavolette di legno, sulle quali incollare una tela di bisso, da intonacare con una miscela di gesso di Volterra e colla di caseina lattea. Su questa bianca superficie la pittrice incolla foglietti d’oro a formare il cielo soprannaturale dell’Empireo, contro il quale si stagliano le figure della Trini­tà, della Vergine, degli Angeli e dei Santi. (…)
L’ispirazione sacra è così presente che parecchie icone della Franza sono state sistemate in chiese e cappelle: come a Zin­dis, Aquilinia, presso la chiesa dei Santi Ermacora e Fortunato di Roiano, presso le Beatitudini, presso la chiesa di Santa Cate­rina, di San Luca, dei Santi Andrea e Rita e presso l’ltis di Trie­ste. Altre opere hanno lasciato Trieste per chiese e istituzioni di altre città italiane e all’estero . (…)
Il pericolo, per chi segue una cultura pittorica così legata alla tradizione come quella delle Icone, è di farsi cogliere dalla tentazione delle copie. Mi è capitato di ammirare perfettis­sime tavole “neobizantine”, condotte con eccezionale perizia pittorica, ma poi scoprivo come fossero perfettamente desunte dalle pagine a colori di costose storie dell’arte. Peri­colo che Carolina non corre: ben difficilmente, pure un occhio poco esperto potrebbe credere che le sue tavole vengano dal passato. La mano, il tratto, la sensibilità della nostra pittrice la fa appartenere al clima pittorico dei nostri giorni. Si veda così come i “nimbi” d’oro, cari agli artisti bizantini e russi, cedano – a un certo punto – a delicati e del tutto occidentali mondi dipinti con tinte pastello.
Un fervido elogio spetta a Carolina Franza per le sue preghiere dipinte che ci hanno rivelato ancora una volta un’anima bella e un talento artistico di qualità.” (…)
Sergio Brossi
(da “Vita Nuova”- 22 giugno 2018)

Carolina Franza nasce a Trieste, e inizia a dipingere fin da piccola. Alle scuole medie parte­cipa a due ex-tempore, venendo premiata.
Segue le lezioni a Firenze della pittrice e creatrice di vetrate Luisa del Campana, ed apprende la n1:1cessità di impadronirsi di tutti gli stili prima di sceglierne uno personale. E del 1981 il primo incontro con gli insegna­menti di Tommaso Palamidessi, e il 1989 vede le prime mostre di icone, (Firenze, Spoleto), che prendono a modello, come avviene tradizional­mente, le opere del santo iconografo russo Andrej Rublev, con la verifica e l’ispirazione costante del suo Maestro d’Arte Alessandro Benassai. Sempre dal 1989 ad oggi insegna l’arte dell’icona.
Le sue icone si trovano in diverse chiese di Trieste, (Zindis, Aquilinia, Santi Ermacora e Fortunato, Beatitudini, Chiesa di Santa Caterina, Chiesa di San Luca, Santi Andrea e Rita … ), a Latina alla Chiesa di S. Francesco, Centro di Studi Biblici di Montefano, presso l’I.T.I.S. a Trieste, ed in luoghi pubblici e privati nei cinque continenti: in America (Denver, New York), Alaska, Australia, Belgio, Croazia, Etiopia, Francia, Germania, Grecia, Emirati, Hong Kong, Inghilterra, Italia, Macedonia, Kenia, Russia, Singapore, Slove­nia, Svizzera.

Patrizia Grubissa /
24 giugno – 7 luglio

La vita davanti

La vita davanti

APERTURA SABATO 24 LUGLIO ALLE ORE 18.30
Presentazione di Marianna Accerboni
Patrizia Grubissa. Stati d’animo

Nella sua bellissima casa-studio arroccata in una silenziosa stradina nella valle di Rozzol, arredata con gusto e con il piglio d’architetto, Patrizia Grubissa compone il suo mondo fantastico incentrato soprattutto su figure muliebri connotate da una forte valenza cromatica e da una personalità vitale e decisa e pervase da un intenso sentire. Realizzate ad acrilico, steso nel periodo dell’esordio con la spatola e negli anni successivi a pennello, esprimono il mondo segreto e le emozioni dell’artista, gli stati d’animo che di volta in volta solcano il suo animo di persona diretta e sensibile. Grubissa, che si è formata prima con l’artista Luciana Tiepolo e poi frequentando i corsi di pittura tenuti alla Scuola del Vedere dai maestri Roberto Tigelli e Claudio Mario Feruglio, parte da un’ immagine fotografica che in seguito rielabora sul piano pittorico e fa sua, trasferendo nel dipinto il proprio stato d’animo del momento, ammirata per esempio dalla bellezza o ispirata da un senso di ribellione o, al contrario, di rassegnazione. Sensazioni che ha vissuto personalmente o che ha riconosciuto nelle donne fotografate.

Basta uno sguardo

Basta uno sguardo

La capacità dell’artista sta nel fatto di riuscire a trasfigurare nei personaggi ritratti le proprie emozioni, in modo mai banale ma del tutto personale, conferendo al soggetto prescelto una vis molto precisa, emozionante e intensa, che esula dai cliché consueti. E riuscendo così a coinvolgere il fruitore trasportandolo fin dentro l’animo del personaggio ritrattato, nelle sue angosce, nei suoi turbamenti e nei suoi più segreti palpiti, grazie all’uso di una tecnica che ha il dono dell’incisività e dell’immediatezza e che si avvale di un contrappunto luministico marcato ma sapientemente dosato: un linguaggio che tange sottilmente e tiene istintivamente conto del mondo interiore e introspettivo della Nuova Oggettività (Neue Sachlichkeit), tendenza artistica sorta in Germania negli anni Venti del secolo scorso, una cultura visiva e un itinerario concettuale affine alla nostra anima mitteleuropea cui l’artista appartiene. Che si distingue tuttavia dal realismo vero e proprio poiché mantiene una certa componente emotiva, ben presente nei dipinti di Grubissa, senza tralasciare per altro dei punti di contatto con il coevo movimento italiano di Valori Plastici, orientato verso il richiamo all’ordine di sarfattiana memoria.
Marianna Accerboni

Anita

Anita

Sola

Sola


Patrizia Grubissa vive e opera a Trieste. La sua naturale inclinazione artistica trova un primo sbocco nell’attività professionale, quando si dedica anche alla creazione di elementi di arredamento destinati al­l’esportazione. Contemporanea­mente inizia il suo percorso di crescita personale, coltivando la sua prima passione, il disegno, per poi dedicarsi allo studio del colore a olio e acrilico, alternando la tecnica a spatola a quella a pennello. Recentemente allo stile figurativo affianca la pittura astratta.

Die Tanzerinnen

Die Tanzerinnen

 

Erika Rudl / 27 maggio – 9 giugno

INAUGURAZIONE SABATO 27 MAGGIO ALLE ORE 18.00
Presentazione di Gabriella Dipietro

Bolina

Bolina


Cromìe

Il rosso, l’azzurro, il giallo e l’arancione… un trionfo di colori, un’inattesa esplosione di cromìe e di suggestioni che svelano il sentire dell’artista triestina Erika Rudl.
E le sue sono emozioni decisamente vulcaniche. Fiumi di lava incandescente giocano a raffigurare sé stessi in forme rinate, valorizzate da sfondi sospesi, fusione di nuvole e atmosfere celesti che si dipanano su molteplici piani scenografici paralleli.
Pennellate veloci vengono rafforzate, talvolta, dal tocco esperto e impulsivo delle mani che plasmano la materia viva creando rilievi e tridimensionalità sulla superfice pittorica.
A questa linea artistica interpretata con sensibilità contemporanea, si affianca la rappresentazione di luoghi a lei cari. Erika Rudl racconta la sua città, Trieste, riproducendone scorci caratteristici, tipicità della natura, vibranti ed inconfondibili paesaggi marini, riuscendo a catturarne quella che veniva definita da Umberto Saba “un’aria strana, un’aria tormentosa”.
Nulla vi è di statico in queste opere, che si rivelano essere preziose custodi di atmosfere dell’anima.
Gabriella Dipietro

The Red Tree

The Red Tree

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Erika Rudl nasce a Trieste nel 1969. Si diploma all’Istituto d’Arte Enrico e Umberto Nordio di Trieste dove ha l’occasione di scoprire ed apprendere nuovi indirizzi artistici e discipline.
La sua naturale propensione alla manualità la dirige, in un primo momento, verso il mondo della falegnameria dove si dedica con successo alla realizzazione di opere di arredamento. Questa esperienza la porta successivamente ad approfondire, anche attraverso corsi professionali, lo studio degli spazi abitativi con particolare attenzione alla progettazione di interni. La passione per il settore dell’arredo si è trasformata così in professione vera e propria.
Ha esposto in numerose esposizioni collettive e personali.

Bora

Bora

Il molo Audace

Il molo Audace