Fulvio Dot / 5 – 18 dicembre 2009



Landascape from Google Earth
Tecnologia e tradizione pittorica
di FABIO FAVRETTO

INAUGURAZIONE SABATO 5 DICEMBRE ALLE ORE 18

Perché non spostarsi, una volta tanto, dalla parte dell’osservatore e chiedersi quale sia il segreto motivo perché ogni opera di Dot riesce così tanto a coinvolgere ed affascinare? Ormai è assodato che tale emozione non ha più solo riferimento nell’armonia del bello, nella accattivante combinazione dei colori, nella fantastica non dimensionalità del rappresentato e, neanche, nella affascinante ambiguità di una realtà impossibile per quel costante inganno percettivo e gestaltico che l’artista governa a suo piacimento. La più recente produzione di Fulvio Dot supera tutto questo, come se il procedimento logico che aveva guidato l’artista nel suo lungo percorso, si stesse allontanando dopo aver profondamente calcato di sé l’anima creativa. La sperimentazione di materiali, la ricerca di strutturazioni in ogni singola opera con costante entusiasmo e volontà innovativa sono stati momenti costruttivi sviluppatisi in maniere diverse nel tempo: un processo di crescente complessità che è diventato ricerca stessa del limite. Si veda, ad esempio, il periodo attuale caratterizzato dal riuscito tentativo di dare matericità alla carta e fare di questo supporto un alter complementare alla tela, se non passaggio propedeutico alla stessa. Ma, ormai, Dot ha talmente interiorizzato i suoi soggetti, le varianti descrittive, le funzioni cromatiche e semiotiche di quanto forma una sua opera, da potersi portare verso linguaggi innovativi molto raffinati e quasi violentemente descrittivi di uno stato d’animo collettivo che si riconosce nell’oppressione nera del catrame, nel rosso colante, nelle bronzee concrezioni terrestri di un pianeta sconvolto, dilacerato, svuotato dalla poesia retorica della realtà, rimesso alla sua totale selvaggia natura. Dot vola, e forse questo è quanto affascina l’osservatore: l’essere rapito in una sorta di biga alata platoniana per contemplare ragione ed irrazionalità, uscendo dal contatto con l’immanenza, assaporando la trascendenza. Così le forte tensioni che soggetto e colori trasferiscono alla vista, poi, si stemperano. È come si fosse data a Dot una delega, richiedendogli di farci da auriga per condurci alle rarefatte arie di una arte che sempre più si connota come linguaggio universale descrittivo delle nostre inquietudini contemporanee e del superamento dell’accettazione incondizionata della realtà o, perlomeno, di una sua interpretazione limitata alla sola ottica umana. Il codice iconico di Fulvio Dot è rappresentazione delle non certezze del nostro tempo, delle dissoluzioni dei riferimenti, di una inquietante carenza di sicurezze ed ipotesi garantite per il futuro che non solo il corso degli eventi, ma gli estremi stessi di una scienza costantemente diveniente ci consegnano

BIOGRAFIA Fulvio Dot è nato a Monfalcone (Go) il 20 dicembre 1956. Ha conseguito il diploma di maestro d’arte in decorazione pittorica presso l’istituto statale d’Arte ”Max Fabiani” di Gorizia. Ha completato il corso di laurea in architettura presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Inizia ad esporre nel 1976, riscuotendo immediatamente numerosi consensi dalla critica specialistica e dal pubblico. Numerosi ed importanti sono i premi ed i riconoscimenti ottenuti nella sua ormai ultraventennale esperienza. Sue opere si trovano in permanenza presso enti pubblici e collezioni private, sia in Italia che all’estero. La sua tecnica parte da un inizio grafico molto accurato, elegante e realistico per evolversi in tele solo all’apparenza figurative, polimateriche, frutto di continue sue personali ricerche, dove il reale è solo lo spunto per sue interpretazioni, mai banali, dove a dominare è l’equilibrio di forme e tinte ottimamente equilibrate che si fondono integralmente con l’inserimento di malte, sabbie, cartoni e garze, fino a raggiungere tratti informali, perfettamente amalgamati al reale. Negli ultimi anni ha esposto in mostre personali a Verona, Genova, Parma, Milano, Bolzano ed Avellino ed è stato presente alle fiere d’Arte di Reggio Emilia, Bologna e Padova.
Per un’azienda di Verona ha creato una linea di design per complementi d’arredo che comprendono vasi, tappeti, specchiere, portafoto ed altro denominata ”Easy by Fulvio Dot” e presentata alle fiere specialistiche di Francoforte, Valencia, Parigi e Milano.

Giuliana Pazienza Spagnoli 21 novembre – 4 dicembre 2009



La sintesi poetica
di MARIANNA ACCERBONI

INAUGURAZIONE SABATO 21 NOVEMBRE ALLE ORE 18

L’opera grafica e pittorica di Giuliana Pazienza rappresenta a Trieste, città dove l’artista vive e opera da decenni, un unicum speciale, perché in una realtà spesso abituata a esporre le opere di artisti di cultura mitteleuropea e di lontana formazione austrotedesca, ci porta il tono caldo, per noi forse un po’ inusitato, e l’intensità mediterranea della pittura e dell’arte italiane.
Se gli artisti delle nostre terre si sono formati alla scuola di maestri che in gran parte avevano studiato alle Accademie di Monaco, di Berlino e di Vienna, la Pazienza, pugliese d’origine e triestina d’adozione, si è ugualmente preparata, giovanissima, con artisti locali quali Edgardo Sambo (nell’ambito della storica Scuola libera di figura del Museo Revoltella) e Pietro Lucano. Poi però la vita, condotta a fianco del marito scultore Nino Spagnoli, ha portato la Pazienza all’estero, in Sicilia e a Urbino, dove ha praticato con studi mirati e con successo l’attività incisoria. In tale ambito, e non solo in questo, ha mantenuto tuttavia un “tepore creativo”, uno slancio umano e una dolcezza, che la distinguono decisamente dagli autori locali, anche se in certi momenti pittorici, per altro non molto frequenti, i suoi lavori risultano in sintonia con il ritmo e la temperie compositiva di un Rosignano o della Metallinò.
Ma sono attimi: nella pittura, che l’artista, eminentemente attiva nell’arte incisoria, ha ripreso da oltre un decennio, dopo un primo approccio narrativo, il pennello trascende il reale con un vivo e brillante slancio di sintesi poetica, che trova nell’espressionismo figurativo la propria matrice e nel linguaggio surreale alcune suggestioni.
Una coinvolgente grazia ”umanistica”, che ci riporta alla eccelsa capacità di segno e compositiva dei gradi artisti italiani del Rinascimento, connota per esempio alcuni nudi femminili realizzati a tecnica mista e le potenti teste maschili. Sono disegni e opere senza tempo, a cui senz’altro attinsero anche grandi contemporanei come Annigoni e Manzù, mentre nel soffuso calore della pittura, mi sovvengono certe sfumature felici della Scuola romana, da Scipione a Mafai, e il silenzio di certo novecentismo italiano.
L’incisione, cavallo di battaglia dell’artista, che in tale campo ha raggiunto notorietà nazionale, vede spesso protagonista la figura e il ritratto al femminile: il segno felice e insistito, morbido e fluttuante, riesce sempre a comporre un ritratto psicologico del soggetto e a suggerire un’atmosfera dell’ambiente circostante, anche se non descritto nell’opera. Dietro al segno felice fa capolino una lieve vena romantica, così come nella narrazione del paesaggio emerge una forza intensa.
Danzando virtuosamente tra colore e segno, la Pazienza sa condurre abilmente la produzione grafica sulla soglia della pittura e la pittura più recente e più liquida sul limitare del ritmo incisorio, fondendo quasi i due linguaggi nell’ambito di una cultura e di una bellezza tutta italiana

BIOGRAFIA Giuliana Pazienza Spagnoli, pugliese d’origine, triestina d’adozione, moglie dello scultore Nino Spagnoli, dall’età di quindici anni ha frequentato a lungo e con profitto la “Scuola del nudo” presso il Museo P. Revoltella di Trieste sotto la guida di Edgardo Sambo. In seguito è stata allieva di Piero Lucano.
Dopo un’assenza più che ventennale trascorsa all’estero, l’artista ha soggiornato per alcuni anni a Catania dove, oltre ad aver studiato la tecnica dell’incisione col prof. Giuseppe Sciacca, è stata molto attiva e stimata professionista. Si è perfezionata successivamente nelle tecniche incisorie presso l’Accademia di Urbino col prof. Fabio Bertoni. Nel 1984, ritornata a Trieste, ha ripreso l’attività espositiva presenziando a numerose mostre di gruppo e personali, con vivo consenso di critica e di pubblico.

Laura Grusovin / 7 – 20 novembre 2009



Il realismo magico

INAUGURAZIONE SABATO 7 NOVEMBRE ALLE ORE 18

I dipinti di Laura Grusovin sono paesaggi e figurazioni di invenzione fantastica, ricchi di suggestive proposte realizzate con estrema cura, in modo paziente e preciso, nei termini di un virtuosismo capace di attrarre sia per l’insieme della composizione che per i particolari, senza scadere mai nel manierismo. Si colgono, dietro la mirabile impaginazione prospettica ed al di là degli effetti illusionistici e iperrealisti, un intenso respiro lirico ed un tessuto narrativo per contenuti in perenne equilibrio tra realtà e invenzione, che sconfina nell’indagine metafisica. Dietro il suo lavoro è evidente una salda cultura figurativa che tiene conto delle antiche e moderne scuole. Dimensioni ampie, uso emblematico delle simbologie, attenta osservazione della natura entrano a far parte di un discorso nel quale l’artista trasforma la realtà in direzione di un surrealismo – o forse di un realismo magico – che diventa spazio non solo per la sua fantasia.
CLAUDIO H. MARTELLI

La finitezza formale, la pulizia e precisione del segno unite al desiderio, alla necessità quasi fisica di raccontarsi, conducono Laura Grusovin verso il surrealismo. E lo fanno in modo quasi naturale, con una scioltezza che è in realtà frutto di lunghe sedute di lavoro alla ricerca mai soddisfatta della forma più adeguata per esprimere pensieri e sentimenti, per raccontarsi attraverso dei simboli. Un difficile equilibrio, quello fra tecnica ed emozione, che negli ultimi lavori sfocia in soluzioni in cui la cerebralità degli esordi si stempera nel ritmo della vita, cosicchè il surrealismo diventa uno strumento per conferire valore aggiunto a ciò che si osserva. I legami di significato che tenevano avvinti gli oggetti iperrealistici delle prime tele si dissolvono a contatto con la ripetizione di forme capaci di diffondere un’estesa poesia sull’opera: ed è in questo modo, senza citazioni dirette ma soltanto vagheggiando la musicalità del mondo circostante, che Laura Grusovin continua ad evocare il suo amore per la musica. ELIANA MOGOROVICH

BIOGRAFIA Laura Grusovin è nata a Gorizia nel 1955. Autodidatta, predilige la tecnica ad olio su tela o tavola. Lavora anche su carta (matita, acquarello) e si dedica alla grafica (acquaforte, acquatinta e grafica al computer).
Dai lavori di carattere figurativo dei primi anni ottanta, Laura Grusovin passa a soggetti neo-surreali, che caratterizzeranno la sua produzione per oltre un decennio, fino ad approdare nelle sue ultime opere ad una maggiore adesione formale alla realtà, approfondendo la ricerca sui moduli e le forme. Negli ultimi quindici anni ha allestito una trentina di mostre personali e partecipato a più di cinquanta fra esposizioni di gruppo, fiere d’arte e concorsi in Italia, Austria, Slovenia, Spagna, Gran Bretagna, Finlandia, Belgio, Polonia, Cina e U.S.A.