Raffau / 19 giugno – 2 luglio 2010

Il magmatismo cromatico
di MATTEO GARDONIO

INAUGURAZIONE SABATO 19 GIUGNO ALLE ORE 18

La Polonia, forse non tutti lo sanno, possiede una salda tradizione pittorica che ha toccato il suo apice tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, quando i pittori polacchi si stabilirono a Parigi immergendosi nel simbolismo e nel post-impressionismo con grande forza e personalità mentre i nostri italiani rimanevano invischiati in quello ”spicinio mentale da garibaldini in congedo illimitato”, per dirla con le geniali parole di Roberto Longhi. Emigranti quasi vagabondi, dunque, e capaci di cogliere gli elementi migliori con quella particolare dose di malinconia sempre riscontrabile nelle loro opere artistiche (in fondo è anche la patria di Chopin, ”il pianista dei pianisti”). Sono caratteristiche ben visibili anche in questo giovane pittore dalla tecnica sicura ma stemperata da un grande gusto cromatico, che lo ha portato ad esporre a Trieste. Le tele, o meglio le tavole di faesite sulle quali lavora, vengono firmate Raffau; un divertente storpiamento all’italiana di Rafal Paczesniak. La Galleria Rettori Tribbio ha avuto la brillante idea di accogliere nella sua sede, le opere di Rafal, per lo più nudi e nature morte, facendo conoscere questo bravo polacco uscito dall’Accademia di Belle Arti di Cracovia nel 1999 e finito in Italia (Napoli e Roma) attraverso delle borse di studio da parte del governo italiano. Se nella penisola egli deve ancora crearsi quella fortuna che tutti i giovani artisti sperano, all’estero è già conosciuto per aver preso parte a mostre personali e collettive. Le opere che egli presenta a Trieste sono notevoli per diversi aspetti e condensano molte esperienze visive caratterizzate da questo naturale magmatismo cromatico, sempre rischioso per molti, ma di grande gusto nelle sue opere. … Le tavole sono accese coscienziosamente e l’occhio di chi osserva respira nel turbillon cromatico disteso con rapidi tocchi ma amalgamato nei singoli pigmenti. Quando la trattazione è meno controllata, più istintiva, si intravvede un’astrazione gioiosa, che si riscontra nei suggestivi frammenti di nudi femminili. … Un artista, che di propria indole, nel genere del nudo è spinto verso un Gauguin meno pacato, piuttosto che certa pittura cupa di toni, da seicento caravaggesco, oggi così di gran moda. … Vorremmo sempre cose del genere. Alla faccia di chi pensa che la pittura, quella figurativa che tende allo sfaldamento della forma e al magmatismo cromatico, è morta.

Luis Sammer / 5 – 18 giugno 2010



La potenza del colore
di VON HARTWIG BISCHOF

INAUGURAZIONE SABATO 5 GIUGNO ALLE ORE 18

Questo motto è valido a partire dal XIX secolo, da quando Eugéne Delacroix definì con Dominique Ingres la disputa tra linea e colore. Nel contempo Honoré de Balzac, nel suo racconto di un capolavoro sconosciuto, portò la linea ad absurdum. Gli impressionisti, in seguito, sognavano delle nuvole colorate, mentre gli espressionisti raccontavano, con l’estrema durezza del colore, la vita pesante. Espressionisti astratti, nuovi realisti e come desideravano definirsi tutti loro, creavano, con i loro quadri parzialmente monocromatici, nuovi mondi di colore, habitat per l’umanità. Già Paul Cézanne aveva con la sua pittura come rèalisation (realizzazione), lasciato l’immagine e, teologicamente parlando, continuato il lavoro di creazione.
Luis Sammer è a conoscenza di questa storia della pittura, ma non l’ha appresa come grigia teoria, lui questa storia l’ha metabolizzata ed ha compreso la potenza dei colori per realizzare il suo modo di dipingere. Egli proviene dall’Austria, ma dalla parte delle Alpi che le malelingue chiamano il ”Nord dei Balcani”.
Questo fatto fa pensare che, all’epoca, il sole nella sua spartana fragile bellezza di esplosione di colori, era motivo di nostalgia e di desiderio. Il modus vivendi delle culture mediterranee, alimentato da spirito greco e spiritualità cristiana, sta guidando il pennello di Luis Sammer, che collega la serenità del giocatore di bocce all’ombra, con la tenacia delle navi mercantili che solcano gli oceani.
Con ”l’occhio umile e il cuore entusiasta” (Šimet Banov) Luis Sammer si appassiona alla pittura. Elabora dure composizioni, solitamente dei paesaggi, che non sono mai soltanto una dimostrazione di semplice stesura dei colori, ma pretendono rispetto per la natura. Non si tratta soltanto di forme e colori, ma gli stessi rivelano un fondamentale fenomeno epistemologico: la natura è sempre disponibile per noi in modo mutevole e mai in una dimensione fissa, più noi la sfruttiamo più lei si ribella. È da lì che cresce la responsabilità per Luis Sammer, una responsabilità pittorica: affidandosi alla forma non si può mai scivolare nella arbitrarietà. Le sue opere sono realizzazioni nell’ottica di Cézanne, ma non quale realizzazione della propria vita, bensì realizzazione del proprio spazio vitale.

BIOGRAFIA
Luis Sammer è nato nel 1936 a Stainz bei Straden (Stiria). Vive e lavora fra Graz e Stainz bei Straden. Dal 1959 al 1963 ha studiato all’Accademia di arti figurative di Vienna sotto la guida dei professori R.C. Andersen e H. Boeckl. Ha compiuto viaggi di studio in Scandinavia ed in Jugoslavia. Qui si è perfezionato seguendo i corsi del prof. U. Hegedusic di Zagabria. Dal 1964 al 1989, quale professore, ha insegnato al “Bischöflichen Gymnasium” di Graz. La sua attività espositiva è iniziata nel 1961. Da allora è stato invitato alle più importanti collettive dove ha ottenuto premi e riconoscimenti.
Le sue mostre personali lo hanno visto impegnato con successo a Graz, Vienna, Berlino, Roma, Venezia, Bruxelles, Sarajevo, Ravenna, Trieste, Zagabria, Dubrovnik, Monaco, Francoforte ed altre località.
Oltre a pittore e grafico, è autore di grandi vetrate e di rappresentative opere in ceramica per chiese ed altri luoghi pubblici.
Luis Sammer figura in prestigiose raccolte pubbliche e private nel territorio nazionale ed all’estero.
www.sammerluis.at

Pino Ferfoglia / 22 maggio – 4 giugno 2010



La linea cromatica di Pino Ferfoglia
di MARIANNA ACCERBONI

INAUGURAZIONE 22 MAGGIO ALLE ORE 18.30

La rassegna propone una trentina di disegni a china colorati a tempera, realizzati dall’artista dagli anni ottanta agli anni duemila e ispirati in particolare al paesaggio carsico e al mare. Ritorna il segno luminoso e convincente di Pino Ferfoglia (Trieste, 1924 – 2007) con la sua vivace capacità narrativa, che sa intrecciare il colore della realtà a quello dei desideri, in una figurazione fantastica e ricca – in questo caso – di spunti da consumato illustratore.
Temperamento apparentemente scanzonato, lievemente e nascostamente lirico, come se si vergognasse un po’ di lasciarsi andare a una carezza, il pittore ha saputo comporre con i suoi disegni a china, colorati a tempera coprente, che lui chiamava tecniche miste, un universo festoso e intenso sotto il profilo cromatico: vedute che tracciano soprattutto il Carso, ma anche il mare, con delle intense testimonianze di Canovella de’ Zoppoli, e poi di Opicina e Muggia, nelle quali Ferfoglia si esprime in modo essenziale, razionale e nel contempo giocoso. Una scelta stilistica spontanea e immediata, che gli aveva meritato la stima del pubblico e della critica, fin dal 1950, anno in cui aveva iniziato la propria attività partecipando alle mostre universitarie.A quegli esordi seguirono varie, qualificate esposizioni nella città natale, a Milano, Roma, Napoli e in altre sedi italiane. Ma nel corso degli anni l’artista rimase sostanzialmente fedele al proprio stile pittorico, in cui s ‘intrecciano sfumature naive e fauviste e gli esiti della poetica impressionista ed espressionista dell’Europa del novecento. Una meta espressiva affinata tenacemente nel corso degli anni grazie anche alla frequentazione di vari corsi di figura e d’incisione e arricchita dal rapporto con artisti quali Cerne, Dequel, Brumatti, Bergagna, Rosignano e Sormani, con cui condivise anche la gioia di vivere.