Danilo Ceccone / 8-21 febbraio

INAUGURAZIONE SABATO 8 FEBBRAIO, ALLE ORE 18.

Gli acquarelli di Danilo Ceccone di Marianna Accerboni

L’acquarello – si sa – è la tecnica pittorica più difficile perché non consente ripensamenti. Intuizione, rapidità, un tocco agile, è quanto si richiede a un artista che si cimenti in questa via dell’arte complessa, anche se apparentemente semplice.
Danilo Ceccone è tutto ciò: capta con immediatezza l’atmosfera e l’anima dei luoghi e le declina, senza esitazioni, sulla carta. Dipinge una realtà solare, luminosa, una natura che sembra quasi sempre magicamente solcata dal vento. E con il pennello racconta dei suoi viaggi a Venezia, di cui coglie la liquida bellezza, della ventosa costa toscana in Maremma, delle pietre silenziose, degli angoli e delle luci del nostro Carso, della bellezza immanente del paesaggio innevato, riuscendo – ancora una volta istintivamente – a evolvere il proprio linguaggio dalla naturalezza di un gusto più propriamente narrativo, declinato attraverso i modi di un espressionismo dai tratti armoniosi e dai rimandi impressionisti, alla modernità di una sintesi essenziale e particolarmente interessante.
Senza seguire scuole o maestri, è sensibile alle aspirazioni estetiche del suo tempo, che asseconda con agile maestria. Il suo taglio espressivo porta tutta la joie de vivre dell’espressionismo mediterraneo, italiano e francese, lontano dall’introspezione e dalla drammaticità che quel movimento assunse nel mondo e nell’immaginario austro-tedesco; ma v’incontriamo anche tutta la cultura pittorica impressionista, nei confronti
della quale l’artista è coerente anche per il fatto di realizzare sempre i suoi lavori en plein air. In tal modo la sua pittura rappresenta una nota di leggera e luminosa bellezza, che ci accompagna fuori dal quotidiano con brio e un pizzico di poesia.

Danilo Ceccone proveniente da una famiglia di origine friulana, nasce a Pola (Istria) nel 1931. Nel ’47, a causa dell’Esodo, si trasferisce a Ragusa in Sicilia e si laurea a Palermo in Giurisprudenza. In quei luoghi inizia a dipingere alla fine degli anni ‘40, accanto a un cognato scultore, dedicandosi soprattutto al disegno e all’olio, per poi passare all’acquerello, e scegliendo così un’esperienza pittorica “senza rete”, poiché
appunto tale tecnica non ammette revisioni o emendamenti. L’esordio pittorico si svolge dunque nel clima vibrante del Fronte Nuovo delle Arti e della sua accezione neorealista, particolarmente sentita in Sicilia: un movimento rispetto al quale Ceccone preferì tenersi a latere, pur rimanendo attento ai problemi sociali e artistici dell’epoca. Da quell’esperienza trasse tuttavia una sensibilità espressionista, che da allora è rimasta intatta nella sua pittura. Nel ’57 ritorna a Trieste, dove continua a dipingere da autodidatta illuminato. Ha esposto raramente, per propria scelta, soprattutto negli anni ‘80