Claudio Bonanni / 2-15 aprile

INAUGURAZIONE SABATO 2 APRILE ORE 18

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Trieste, Istria, Carnia e Dolomiti nella pittura di Claudio Bonanni
di Licio Damiani

Il gigantesco pino che si protende in primo piano, come l’apertura di un sipario vegetale, sulle grotte lambite dall’azzurrità del mare, un gruppo di bagnanti sui sassi a crogiolarsi al sole, colori vividi, luminosi, estivi. E’ uno dei quadri di Claudio Bonanni che ritraggono la magia di Cigale, nell’isola di Lussino. Dal bruire dei pigmenti par di udire levarsi lo stridere delle cicale, paiono effondersi profumi acri e saporosi di resina e di salsedine. In un’altra tela il pittore ha ritratto il porto di Lussinpiccolo, con le facciate luminose delle casette schierate festosamente sulla riva e alla fonda i bragozzi dei pescatori intrisi d’un’aura di leggenda. Niente imbarcazioni da diporto, niente panfili turistici. L’atmosfera è quella di un tempo di contemplazione e di silenzio, quando Lussino era un luogo incantato da scoprire con il respiro dell’anima, di cui rimane una polvere di nostalgia. E ancora, le rocce battute dai cavalloni crespati di spuma, intarsiate di patelle da staccare con il coltello per assaporare la minuta massa gelatinosa del mollusco, e le barche tratte a riva, evocanti avventurosi peripli della fantasia.

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Claudio Bonanni, romano di Tivoli, ha scoperto l’isola magica degli Argonauti e se ne è innamorato. Nei suoi dipinti palpita l’esprit d’élection d’un’isola smagliante e felice.
Accanto alle liriche immagini lussignane si avvicendano altri luoghi dell’Istria marittima, come Rovigno, blandita dalla rosea carezza del sole. E poi Trieste, dalla quale si leva una “lauda” figurativa di potente espressività. Un piccolo capolavoro è la veduta notturna del Molo Audace ripreso di scorcio, come uno sperone proteso nel blu profondo del mare e del cielo incoronato dalle luci lontane della città . Una sospensione poetica, una visione estatica.
Dalle elegie marine alla montagna. I paesaggi della Carnia e delle Dolomiti si collocano in una personale atmosfera di “oggettività fantastica”, in cui il declinare del rilievo documentale verso certo straniamento iperrealista viene travolto dalla fluidità e dal fremere scapigliato dei pigmenti, dalle taccheggiature sontuose di materia, dai fraseggi di una tecnica abile e preziosa, dallo sciogliersi delle masse strutturali in una stoffa densa e atmosfericamente mobile.

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