Fulvio Dot / 16 – 30 aprile 2011



Paesaggio fragile
di ILARIA DOT

INAUGURAZIONE SABATO 16 APRILE ALLE ORE 18

Fulvio Dot ha un modo tutto suo d’intendere il figurativo. È una visione peculiare, lontana dall’obiettività assoluta almeno quanto lo è il pensiero umano. E, chissà, forse proprio per questo piace: perché come il vissuto veste di sensazioni un luogo, i giochi di materia aggiungono ai suoi quadri quel tocco d’anima in più che sa renderli unici. In fondo, nell’arte di Dot, il reale altro non è che pretesto a quelle stesse sperimentazioni. Fondale necessario alle incontenibili divagazioni decorative con cui il ricordo trasfigura solidità e prospettive. Quelle che, in sostanza, lo divertono davvero. E invitano anche noi a perderci in mezzo a dettagli di vetro e catrame. Ad indagarci dentro. A spingere la mente un po’ più in là. Sono cartoline, le sue, che sempre più a fatica s’ancorano ai confini di un preciso genere pittorico. Paesaggi che, oggi, si fanno più che mai fragili. Fragili perché soggetti all’erosione che il tempo mette in atto sulle immagini mentali. Fragili, in spaccati d’attualità, perché vittima dell’incuria dell’uomo. Tecnicamente, gli elementi di novità sono soprattutto i materiali. Tra essi, fosse il più riuscito è l’utilizzo di pagine di vecchi libri, a volte bruciate a creare contrasti con le velature dell’olio. I soggetti, invece, sono gli stessi cui l’artista ci ha ormai abituati: gli scorci di una Grecia idilliaca; le vedute deserte e al contempo affollatissime di segnali di vita che hanno reso inconfondibili le sue città. Solo che, come in un climax di sperimentazione, la loro consistenza si fa sempre più precaria. Le fondamenta lasciano spazio a vuoti di bianco, simili all’inesorabile lacuna di un ricordo ormai perduto. Lo spago, tenace, cerca forse invano di cucire ciò che resta di quell’idea perfetta, sempre più desolantemente degradata dall’indifferenza di chi pur l’ha messa in piedi. E lo fa con amore, quasi la mano mettesse in atto il bisogno frustrante di sconfiggere lo scorrere del tempo. O magari (perché no?) di salvare quello stesso residuo di figurativo dai voli di una mente inarrestabile, creativa all’estremo, che l’arte stessa chiama su una strada nuova. Una strada a cui Fulvio Dot si avvicina, oggi, con curiosità. E di cui però, come chiunque si stacchi da un appiglio fragile, ha umanamente paura.

BIOGRAFIA Fulvio Dot è nato a Monfalcone (Gorizia) nel 1956. Ha conseguito il diploma di maestro d’arte in decorazione pittorica presso l’Istituto Statale d’Arte ”Max Fabiani” di Gorizia. Ha completato il corso di laurea in architettura presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Inizia ad esporre nel 1976, riscuotendo immediatamente numerosi consensi dalla critica specialistica e dal pubblico. Numerosi ed importanti sono i premi ed i riconoscimenti ottenuti. Sue opere si trovano in permanenza presso enti pubblici e collezioni private, sia in Italia che all’estero. La sua tecnica parte da un inizio grafico molto accurato, legante e realistico per evolversi in tele solo all’apparenza figurative, polimateriche, frutto di continue sue personali ricerche, dove il reale è solo lo spunto per sue interpretazioni, mai banali, dove a dominare è l’equilibrio di forme e tinte ottimamente equilibrate che si fondono integralmente con l’inserimento di malte, sabbie, cartoni e garze, fino a raggiungere tratti informali, perfettamente amalgamati al reale. Negli ultimi anni ha esposto in mostre personali a Verona, Genova, Parma, Milano, Bolzano ed Avellino ed è stato presente alle fiere d’Arte di Reggio Emilia, Bologna, Padova e Pordenone. Ha inoltre creato una linea di design per complementi d’arredo che comprendono vasi, tappeti, specchiere, portafoto ed altro che è stata presentata nelle fiere internazionali di settore.

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